A quanti di noi è capitato, sia nella vita lavorativa che in ambito relazionale di tenere i denti stretti, di assumere posture chiuse e trattenute come se non ci fosse la possibilità di cambiare quella determinata situazione, oppure, sacrificandosi per il senso di responsabilità.
Queste circostanze portano inevitabilmente ad un calo della motivazione, ad un aumento delle dimenticanze e dei ritardi, anche le difese immunitarie si abbassano provocando raffreddori, dolori muscolari, emicranie ed in generale l’umore nero aumenta.
Succede come se il disagio emotivo o relazionale non riuscisse a essere scaricato, vissuto ed elaborato nel modo corretto. Tutto questo attiva in noi un meccanismo di difesa arcaico che porta il nostro disagio a esprimersi attraverso il corpo.
Accade che la persona non riesce a percepire, mentalizzare e rappresentare simbolicamente il disagio psicologico ed emotivo che sta vivendo.
In questi casi si ricorre spesso all’uso dei farmaci. Certamente il loro vantaggio consiste nella rapidità della scomparsa del sintomo.
Tuttavia, spesso il farmaco produce effetti collaterali indesiderati e, nella maggior parte dei casi, il sintomo, se di natura psicosomatica, ricompare poco dopo nella stessa sede o altrove.
Solo successivamente la persona potrà sperimentare la possibilità di riconoscere i segnali di malessere, quando si presentano, e collegarli, nel modo adeguato, all’emozione o al disagio che le hanno causati.
Questo permetterà di attribuire il giusto valore e significato al proprio vissuto disturbante e di trovare le giuste strategie per affrontarlo e scaricarlo tempestivamente evitando che crei disagio.